Titolo: El Alamein - La linea del fuoco
Regista: Enzo Monteleone
Attori principali: Paolo Briguglia, Pierfrancesco Favino, Emilio Solfrizzi, Silvio Orlando, Giuseppe Cederna, Roberto Citran, Carlo Lombardi, Maria Zanoli, Marco Guglielmi, Matteo Spinola, Gabriele Tinti, Walter Santesso, Livio Lorenzon, Rossana Rory, Sergio Albelli, Evar Maran,
Genere: guerra
Durata: 117 minuti
Regista: Enzo Monteleone
Attori principali: Paolo Briguglia, Pierfrancesco Favino, Emilio Solfrizzi, Silvio Orlando, Giuseppe Cederna, Roberto Citran, Carlo Lombardi, Maria Zanoli, Marco Guglielmi, Matteo Spinola, Gabriele Tinti, Walter Santesso, Livio Lorenzon, Rossana Rory, Sergio Albelli, Evar Maran,
Genere: guerra
Durata: 117 minuti
Africa Settentrionale, 120 km da Alessandria d'Egitto, Ottobre 1942, il fante Serra, volontario universitario palermitano, è inviato al fronte dove giunge con grande spirito patriottico, venendo assegnato al 28º Reggimento fanteria "Pavia" della Divisione Pavia, inquadrata nel X corpo d'armata. Egli, al pari di molti italiani in patria, è certo che la città egiziana sarà presto conquistata e la campagna del Nordafrica sarà conclusa vittoriosamente, confidando di partecipare alla sfilata trionfale che si svolgerà ad Alessandria dopo l'occupazione.
La realtà del fronte è tuttavia molto diversa da quella sperata: il caldo è insopportabile, i soldati sono tutti colpiti dalla dissenteria, l'armamento è inadeguato, il cibo insufficiente, l'acqua è razionata ed inquinata e l'artiglieria britannica martella costantemente le posizioni italiane, lasciandogli un po' di respiro solo di notte. Egli prende contatto nel modo peggiore con la vita di trincea, vedendo morire un caporale, colpito da una salva di artiglieria, che lo stava accompagnando al suo reparto dopo essersi presentato al comandante, il tenente Fiore, ed in quel momento viene informato dei " tre miracoli", ossia le tre possibilità che secondo i commilitoni ognuno ha a disposizione prima di morire.
Nel periodo in cui il fronte è fermo Serra stringe amicizia con alcuni camerati: Spagna, De Vita, il mortaista Tarozzi e soprattutto il sergente Rizzo, un veterano veneto, in guerra da due anni, tutti passati al fronte, il quale, durante un pattugliamento all'interno della depressione di Qattara gli racconta di come sia riuscito ad evadere da un campo di concentramento e tornare al fronte perché "per un soldato non è mica bello essere prigioniero"; il sergente prende in simpatia il giovane volontario e gli insegna tutti i modi possibili per sopravvivere in quell'inferno, dato che la grande offensiva per la conquista di Alessandria, a dispetto dell'invio di un carico di lucido per scarpe, spedito, insieme al cavallo di Mussolini, in prospettiva della parata, non ci sarà: le forze mobili non sono disponibili, l'Afrika Korps, comandato dal generale Erwin Rommel, ha esaurito il carburante e si prepara a ripiegare e gli inglesi aprono continuamente dei corridoi nei campi minati italiani, facendo presagire una controffensiva.
La disillusione si impadronisce presto di Serra, tanto che, travolto dall'orrore dopo l'attacco Alleato del 23 ottobre, arriverà a considerare che "a scuola ti insegnano: fortunato chi muore da eroe, ma i morti non sono né fortunati né sfortunati, sono morti e basta". La ritirata delle forze superstiti della "Pavia", della "Folgore" e dell'"Ariete" viene propagandata da ottusi ufficiali come "sganciamento", in prospettiva di una nuova futura avanzata, ma i soldati si rendono conto che il fronte ormai è sfondato e che sono stati lasciati soli senza nemmeno i camion per raggiungere le retrovie che, sotto l'urto dell'8ª armata britannica, si spostano continuamente verso ovest, tanto che persino gli ospedali da campo sono costretti ad attendere l'arrivo degli inglesi per potere curare meglio i feriti che non possono essere trasportati.
Dopo che gli ultimi soldati del manipolo rimasto al comando del tenente Fiore vengono fatti prigionieri durante la notte, questi, insieme a Rizzo ed a Serra, rimane solo, tentando di raggiungere le retrovie a piedi attraverso il deserto ma la ferita non curata che ha subito durante un combattimento lo ha debilitato al punto che non riesce più a proseguire e, insieme a Rizzo, sceglie di sacrificarsi per permettere a Serra di salvarsi, a bordo di una motocicletta che non può trasportarli tutti, e di tornare un giorno a trovarli al Sacrario per ricordarli.
La realtà del fronte è tuttavia molto diversa da quella sperata: il caldo è insopportabile, i soldati sono tutti colpiti dalla dissenteria, l'armamento è inadeguato, il cibo insufficiente, l'acqua è razionata ed inquinata e l'artiglieria britannica martella costantemente le posizioni italiane, lasciandogli un po' di respiro solo di notte. Egli prende contatto nel modo peggiore con la vita di trincea, vedendo morire un caporale, colpito da una salva di artiglieria, che lo stava accompagnando al suo reparto dopo essersi presentato al comandante, il tenente Fiore, ed in quel momento viene informato dei " tre miracoli", ossia le tre possibilità che secondo i commilitoni ognuno ha a disposizione prima di morire.
Nel periodo in cui il fronte è fermo Serra stringe amicizia con alcuni camerati: Spagna, De Vita, il mortaista Tarozzi e soprattutto il sergente Rizzo, un veterano veneto, in guerra da due anni, tutti passati al fronte, il quale, durante un pattugliamento all'interno della depressione di Qattara gli racconta di come sia riuscito ad evadere da un campo di concentramento e tornare al fronte perché "per un soldato non è mica bello essere prigioniero"; il sergente prende in simpatia il giovane volontario e gli insegna tutti i modi possibili per sopravvivere in quell'inferno, dato che la grande offensiva per la conquista di Alessandria, a dispetto dell'invio di un carico di lucido per scarpe, spedito, insieme al cavallo di Mussolini, in prospettiva della parata, non ci sarà: le forze mobili non sono disponibili, l'Afrika Korps, comandato dal generale Erwin Rommel, ha esaurito il carburante e si prepara a ripiegare e gli inglesi aprono continuamente dei corridoi nei campi minati italiani, facendo presagire una controffensiva.
La disillusione si impadronisce presto di Serra, tanto che, travolto dall'orrore dopo l'attacco Alleato del 23 ottobre, arriverà a considerare che "a scuola ti insegnano: fortunato chi muore da eroe, ma i morti non sono né fortunati né sfortunati, sono morti e basta". La ritirata delle forze superstiti della "Pavia", della "Folgore" e dell'"Ariete" viene propagandata da ottusi ufficiali come "sganciamento", in prospettiva di una nuova futura avanzata, ma i soldati si rendono conto che il fronte ormai è sfondato e che sono stati lasciati soli senza nemmeno i camion per raggiungere le retrovie che, sotto l'urto dell'8ª armata britannica, si spostano continuamente verso ovest, tanto che persino gli ospedali da campo sono costretti ad attendere l'arrivo degli inglesi per potere curare meglio i feriti che non possono essere trasportati.
Dopo che gli ultimi soldati del manipolo rimasto al comando del tenente Fiore vengono fatti prigionieri durante la notte, questi, insieme a Rizzo ed a Serra, rimane solo, tentando di raggiungere le retrovie a piedi attraverso il deserto ma la ferita non curata che ha subito durante un combattimento lo ha debilitato al punto che non riesce più a proseguire e, insieme a Rizzo, sceglie di sacrificarsi per permettere a Serra di salvarsi, a bordo di una motocicletta che non può trasportarli tutti, e di tornare un giorno a trovarli al Sacrario per ricordarli.
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